Trieste - Via del Coroneo, Largo Piave e Via Fabio Severo

Via Coroneo da via Carducci a via Fabio Severo Questa strada tracciata nel 1796 venne chiamata popolarmente già dai primi anni "contrada del Coroneo", dal nome del vescovo di Lubiana Tommaso Chrön che possedeva fino dal 1611 terreni nella zona. In seguito egli li cedette ai Gesuiti che ne restarono in possesso fino alla soppressione dell'ordine. Dal 1940 al 1946 la via ebbe il nome mutato in via Nizza. L'edificio dei civici 1 e 3 è stato costruito nel 1902 dalla ditta Martelanc di Barcola. Per molti anni al pianterreno si trovava il negozio di abbigliamento Godina. Nell'atrio del palazzo c'è una lapide commemorativa con la scritta "Casa de Gorup 1903-1995". Per questo edificio c'è un provvedimento di vincolo redatto dalla Soprintendenza. Al numero 15 si trova l'edificio, già sede della Società Sportiva Turnverein Eintracht, poi sede del Circolo Artistico e poi del Goethe Institut. Anche questo palazzo è stato costruito dalla ditta Martelanc, su progetto dell’Ing. Krause. ditta slovena Martelanc di Barcola, Al civico 21 sorge il palazzo dell'ex Istituto Infortuni, opera degli architetti Giacomo Zammattio e Enrico Nordio Tra le vie Zanetti e Rismondo si trovava dal 1905 al 1912 l'Anfiteatro all'aperto Minerva. Le carceri o casa circondariale o si trovano ai numeri 26-28 . Il Coroneo è un edificio che risale al 1911 e fu costruito dagli Austriaci, in quell'occasione la strada venne allargata a 25 metri. I primi detenuti vi entrarono nel 1912 (capienza dell'epoca 535 reclusi). E' una costruzione a tre piani, più un quarto piano mansardato, dei sotterranei e un cortile esterno. Nel complesso ci sono 11 sezioni di cui 7 maschili, compresa l'infermeria ed il tratto piano terra destinato agli imputati ed indagati, nonché all'isolamento disciplinare e sanitario, composto da stanze singole. La Direzione del carcere è dotata di una spaziosa sala per conferenze, allestita grazie ad una donazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste.


Via del Coroneo 13

A sinistra:
Via del Coroneo 13. I progetti dell'elegante edificio a quattro piani risalgono all'ultimo quarto del XIX secolo, allorquando il Magistrato Civico approvò, nel luglio del 1874, con decreto n. 14848, l'innalzamento di un fabbricato sul fondo N. Tav. 1438 di proprietà della Casa dei Poveri. Il fabbricato prospetta la sua facciata su Via del Coroneo. L'etimologia di questo nome è piuttosto antica, risalendo ad almeno il XVII secolo, con tale termine si era soliti, infatti, indicare una contrada di proprietà del vescovo Tomaso Chrön di Lubiana, ricca di vigne e di orti, in posizione sopraelevata rispetto a tutte le altre, "servendo a queste di corona" da qui il nome Coroneo. Attorno al 1623 il vescovo donò i suoi fondi ai Gesuiti che lì rimasero fino all'avvenuta soppressione del loro ordine. L'intera contrada passò quindi di proprietà, venendo acquisita dai Padri Armeni. Nel 1796 il Comune venne in possesso di tutti i terreni della zona, destinandoli alla futura città Franceschina e aprendo quella via che proprio da quella contrada derivò il nome: Via del Coroneo. (da: biblioteche.comune.trieste.it)




Palazzo costruito su progetto dell'Ing. Krause dalla ditta Martellanz, ex sede del Goethe-Institut in Via del Coroneo 15. Prima del Goethe-Institut aveva sede la Società Ginnastica Concordia Tedesca (Eintrecht) nata nel 1902.- Il bassorilievo in alto a destra rappresenta FriedrichLudwig Jahn (1778-1852) "padre" della ginnastica tedesca - Il palazzo ospitò pure la Società Speleologica Hades e fu anche trasformato in ospedale militare.


Via Coroneo angolo Via Luigi da Palestrina

Via del Coroneo angolo Via Guido Zanetti

A sinistra
Via Pier Luigi da Palestrina, 2 angolo Via del Coroneo::All'inizio del XX secolo il Comune modificò il nome di alcune vie della città: Via delle Acque, così chiamata per la quantità di pozzi che alimentavano la contrada, cambiò denominazione e nel 1901 venne dedicata a Pierluigi da Palestrina, organista ed insegnante di canto. L'edificio sito al n.2 della via fu eretto nel 1840 su progetto dell'architetto Nicolò Pertsch la cui attività di pubblico perito, testimoniata da una decina di progetti conservati presso l'Archivio di Stato di Trieste, fu circoscritta ad un arco di tempo piuttosto limitato (1835-1840). Particolare interesse riveste il prospetto per il Palazzo Magistratuale in Piazza Grande di S.Pietro risalente al 1835, così come gli edifici di Via Machiavelli o Piazza Oberdan -solo per citarne alcuni- improntati tutti ad una semplice linearità di stile e ad una composta espressività. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it)
Via delle Acque: la via, aperta e livellata nel 1841, si staccava in fianco a quella di via Coroneo, attraversava le vie S. Francesco, Corsia Stadion, Acquedotto, Chiozza e Farneto e finiva in quella del Boschetto di fianco al Civico Ospitale; oggi tale via è stata frammentata nella: via Palestrina (1909), via Xidias (1919) e via Timeus (1919). Questa denominazione ricorda come sotto tutto il vasto terreno, sul quale dal 1796 in poi andò espandendosi questa parte di città che si chiamò Borgo Franceschino, durante gli scavi delle fondamenta delle case, si rinvennero delle abbondanti sorgenti d'acqua limpida, buona e potabile, cosicché tutti gli edifici colà costruiti poterono utilizzare l’acqua potabile dai pozzi nel giardino della propria casa. Per l’abbondanza d’acqua perenne si ipotizzò la presenza di rami collaterali del fiume Timavo (Reka), supposizione che però non potè mai venir verificata. (Fonte: Dino Cafagna)


Via del Coroneo 21

 
Via del Coroneo 21
palazzo dell'ex Istituto Infortuni,
opera degli architetti Giacomo Zammattio e Enrico Nordio

Via del Coroneo da via Carducci a via Fabio Severo. Questa strada tracciata nel 1796 venne chiamata popolarmente già dai primi anni "contrada del Coroneo", dal nome del vescovo di Lubiana Tommaso Chrön che possedeva fino dal 1611 terreni nella zona. In seguito egli li cedette ai Gesuiti che ne restarono in possesso fino alla soppressione dell'ordine. Dal 1940 al 1946 la via ebbe il nome mutato in via Nizza. L'edificio dei civici 1 e 3 è stato costruito nel 1902 dalla ditta Martelanc di Barcola. Per molti anni al pianterreno si trovava il negozio di abbigliamento Godina. Nell'atrio del palazzo c'è una lapide commemorativa con la scritta "Casa de Gorup 1903-1995". Per questo edificio c'è un provvedimento di vincolo redatto dalla Soprintendenza. Al numero 15 si trova l'edificio, già sede della Società Sportiva Turnverein Eintracht, poi sede del Circolo Artistico e poi del Goethe Institut. Anche questo palazzo è stato costruito dalla ditta Martelanc, su progetto dell’Ing. Krause. ditta slovena Martelanc di Barcola, Al civico 21 sorge il palazzo dell'ex Istituto Infortuni, opera degli architetti Giacomo Zammattio e Enrico Nordio Tra le vie Zanetti e Rismondo si trovava dal 1905 al 1912 l'Anfiteatro all'aperto Minerva. Le carceri o casa circondariale o si trovano ai numeri 26-28 . (Fonte: Margherita Tauceri)
Il teatro all'aperto “Minerva” (1905-1912). In Via del Coroneo, di fronte a dove oggi si trova il palazzo di giustizia, nell’agosto 1905 fu inaugurato un teatro all'aperto, il “Minerva”. Faceva angolo con la via Fontana, oggi intestata al martire dalmata Francesco Rismondo. Il palcoscenico si proiettava invece verso la Via Carducci e prospettava su una gradinata di legno di sei piani. Si davano opere e operette, con stupende messe in scena e originali scenari, specie nella stagione estiva, approfittando della frescura della sera. Essendo l’area allora “periferia” della città, zona quasi desertica, con casupole sparse e campi coltivati, il rumore e la musica generata non dava fastidio a nessuno.
L’Anfiteatro Minerva, in legno, era capace di 2100 posti, ma ebbe vita breve. L’anfiteatro era situato sul fondo N. Tav. 1289, angolo via della Fontana. L’area occupata dal Minerva, di proprietà del cav. Giovanni Scaramangà di Altomonte, era in precedenza utilizzata da circhi equestri e da baracconi da fiera. La costruzione delle gradinate e della galleria, effettuata dal Consorzio dei falegnami, venne a costare 30 mila corone e risultò di una rudimentale semplicità, non priva però di una certa grazia. Il palcoscenico rettangolare era sormontato da un frontone triangolare, con la testa di Minerva. I programmi del teatro Minerva comprendevano opere, operette, balli, commedie ed anche arringhe politiche.
Via del Coroneo: l'etimologia di questo nome è piuttosto antica, risalendo ad almeno il XVII secolo, con tale termine si era soliti, infatti, indicare una contrada di proprietà del vescovo Tomaso Chrön di Lubiana, ricca di vigne e di orti, in posizione sopraelevata rispetto a tutte le altre. Nel 1796 il Comune venne in possesso di tutti i terreni della zona, destinandoli alla futura città Franceschina e aprendo quella via che proprio da quella contrada derivò il nome: Via del Coroneo. Dal 1940 al 1946 cambiò il nome in Via Nizza. (Fonte: Dino Cafagna)

Largo Piave e vie limitrofe
Largo Piave: Città Nuova-Barriera Nuova. Lungo via del Coroneo, all’altezza di via P. da Palestrina. C.A.P. 34133. Denominazione apposta con Delibera del Podestà n. 1158 d.d. 16.7.1932. Il Piave è fiume (lungo 220 km.) che nasce dal monte Peralba e che scorre per la maggior parte attraverso il Veneto. Sfocia nel golfo di Venezia a nord-est di Lido di Iesolo ed è navigabile per 32 km. Durante il primo conflitto mondiale, dopo la sconfitta di Caporetto, costituì la linea di difesa delle truppe italiane (riva sinistra) e alla prima battaglia del Piave (9.11.1917) seguì la seconda battaglia (15-23 giugno 1918), conclusa con la ritirata delle truppe austriache. Largo Piave venne creato sull’area già occupata da parte dei fabbricati appartenenti alla Caserma Grande. Bibliografia: A. Trampus, Vie e Piazze di Trieste Moderna, Trieste, 1989.
Una targa in Largo Piave ricorda E.A. Mario, compositore del Piave – ovvero Ermete Alessandro Mario, nome d'arte di Giovanni Gaeta.
E.A. Mario la figura di questo patriota e musicista napoletano, morto settantasettenne nel 1961, autore tra l'altro, di quella «Leggenda del Piave» composta nel 1918, destinata a celebrare i momenti più esaltanti dell'italianità di Trieste. Il patriottismo di Mario si rivelò nel 1915, quando lo sdegno per gli insulti rivolti dai giornali tedeschi ai soldati italiani, lo sollecitò a comporre di getto, in napoletano, una canzone che si concludeva con le parole «A Trieste entreremo e rimarremo». Ma in quegli anni altre bellissime canzoni furono scritte e musicate da Mario, tra cui «Il generale Cantore», per ricordare questo alpino, medaglia d'oro, morto nel 1915. E ancora «La Madonnina blu», «Il soldato Ignoto», canzone scritta nel 1921, allorché la salma del soldato Ignoto venne traslata da Aquileia a Roma. Dopo la seconda guerra mondiale, in una Trieste occupata dagli angloamericani, E.A. Mario giunse più volte. Strinse amicizia con il sindaco Bartoli, cui non potè celare il suo avvilimento per la situazione della città. (G.Palmisano-/ilpiccolo/archivio)
Largo Piave: (sopra a destra) la casa d'abitazione Ghira con due ingressi, uno in via Marco Tullio Cicerone e l'altro in via Cesare Beccaria. Il progetto di questa casa d'abitazione, venne presentato nel dicembre del 1931, firmato dai fratelli Andrea e Guido Ghira, ma deve essere rivisto, perchè in quegli anni oltre che a rispettare la pianificazione urbanistica, devono essere seguite delle precise considerazioni estetiche, viene creata un'altana con terrazza e ai lati due fasci decorativi, successivamente rimossi. I lavori hanno inizio nel maggio del 1932, viene chiesto di ridurre la profondità dei poggioli, che con il profilo curvilineo caratterizzano la facciata principale, in quanto occupano un'area pubblica superiore al previsto, da rilevare l'interessante soluzione del volume centrale che li divide in due parti di pertinenza dei rispettivi alloggi. I lavori vengono conclusi il 18 gennaio 1933 - (Fonte:,Margherita Tauceri)
Via Cesare Beccaria da piazza Oberdan a largo Piave questa è una delle strade risultanti dalla pianificazione urbanistica del quartiere Oberdan, la denominazione venne apposta il 12 giugno 1925. Cesare Beccaria letterato, giurista ed economista nacque a Milano nel 1738, è l'autore de "Dei delitti e delle pene", in cui tratta del diritto e della procedura penale, introdusse il concetto fondamentale per la storia del diritto penale italiano, della proporzionalità delle pene ai delitti. Su Cesare Beccaria morto a Milano nel 1794, parlò a Trieste il 19.3.1871 presso il gabinetto di Minerva, il mazziniano milanese prof. Giacomo Oddo. Lungo la via sorgono edifici costruiti negli anni Trenta, come le case Ghira, all'angolo con via Cicerone
Largo Piave si trova lungo la via del Coroneo all'altezza di via P. da Palestrina. La denominazione venne apposta nel 1932, l'area era precedentemente occupata da dei fabbricati appartenenti alla Caserma Grande. Il Piave è un fiume che nasce dal monte Peralba, scorre per la maggior parte attraverso il Veneto e sfocia nel golfo di Venezia. Durante il primo conflitto, dopo la sconfitta di Caporetto, costituì la linea di difesa delle truppe italiane, alla prima battaglia del Piave del 9.11.1917, seguì la seconda battaglia del 15-23 giugno 1918 che si concluse con la ritirata delle truppe austriache. (Fonte:,Margherita Tauceri)
Via Marco Tullio Cicerone da via Fabio Severo a Largo piave dal 12 giugno 1925 reca il nome dello scrittore oratore ed avvocato latino Marco Tullio Cicerone (Arpino 106 - Formia 43 a.c.), autore di orazioni e opere di argomento filosofico e retorico. Fu edile curule, poi pretore, venne eletto console per il 64 a.c., nel 51 a.c. venne nominato preconsole in Cilicia. la via Cicerone venne aperta sul sedime già occupato dal campo per esercizi militari della Caserma Grande.
Via Fabio Severo

Via Fabio Severo angolo Via XXIV Maggio

Via Fabio Severo angolo Via del Coroneo

Sopra: Via Fabio Severo 20 - Casa del 1925 dei Fratelli Battigelli
Per un periodo aveva lo studio lo scultore Marcello Mascherini.

A sinistra;
Casa Fanna-Widmer del 1935 in via Fabio Severo 36 dell’architetto Pagano Pogatschnig (Parenzo 1896 - Mauthausen 1945) : dopo una serie di progetti non approvati per una casa , venne approvato questo unico edificio presente a Trieste dell'architetto esponente del Razionalismo.

A sinistra: Via Fabio Severo 79: La Casa degli Sposi.

Palazzina costruita nel 1864 su progetto dell’architetto Giuseppe Baldini per volontà del barone Stefano Ralli e destinata alle giovani coppie indigenti. Un’istituzione privata forse unica nel suo genere: lo statuto della fondazione baronale offriva agli innamorati che non potevano permettersi un’abitazione propria, la possibilità di stabilirsi per qualche tempo gratuitamente in uno degli appartamenti della casa. Unica condizione posta, a parte la dimostrata povertà, la moralità delle spose, che doveva essere adamantina. Se poi, come spesso avveniva, la coppia ospite aveva un figlio nel periodo iniziale del soggiorno, gli sposi potevano continuare ad abitare lì fino ad altri tre anni. La pia istituzione funzionò fino allo scoppio della Grande guerra, dopodiché, nel 1954, il nipote del barone Ralli vendette l’edificio, che oggi ospita sedici appartamenti privati.
Sull’architrave del portone d’entrata si annuncia al visitatore, con la scritta, in greco "pastas", col significato di “camere nuziali”, che siamo nella casa degli sposi, un posto quindi rispettabile. (*) Dal greco “Ninphon” o “nymphàion”, grotta o tempietto dedicato alle ninfe, ma anche dimora o stanza nuziale, quindi ninfa o sposa
.

L’edificio a tre piani, con una facciata di alternata da inserti di pietra bianca, a strisce parallele, conta di 14 appartamenti composto ciascuno di una camera ammobiliata e cucina. Se la facciata sembra a tre piani, in verità l'edificio è, verso Cologna, più alto.
Dentro, nell'androne, prima della scala circolare che porta ai piani, una targa in greco antico recita una specie di orazione dal sottofondo ammonitore: "Voglio quell'albero dalle chiome lucenti piene di frutti rigogliosi. A quanti vi si accostano a migliaia offre la sua lieta ombra che scaccia i mali. A meno che la dea della morte come ghiaccio secchi la mano del giardiniere prima che i boccioli coprano i rami".
La famiglia Ralli proveniva originariamente dall’isola di Chios, in Asia Minore ed era giunta a Trieste nel 1820: durante il 19° secolo i Ralli avevano accumulato enormi ricchezze grazie al commercio navale e alle attività bancarie e assicurative, tanto da giungere a essere tra i più grandi possidenti di Trieste.
La Casa degli sposi, un’istituzione privata unica nel suo genere, rappresenta un forte esempio, nella nostra città, della diffusa abitudine alla beneficenza “laica” da parte di molti nobili e ricchi commercianti nei confronti della popolazione meno abbiente. Oltre alle finalità filantropiche, c’erano ovviamente anche delle motivazioni legate al prestigio, che da ciò derivava. Di contro, l’aiuto dato alle persone povere, poteva combattere il disagio e la criminalità, favorendo la crescita di una società più emancipata. Sempre del barone Ralli va ricordato il padiglione per pazienti cronici, presso il Frenocomio di San Giovanni, che porta ancora oggi il suo nome. (Fonte: Dino Cafagna)
L'Ospedale militare (Via Fabio Severo, 40 ; Vicolo dell'Ospitale Militare, 1)
L'Ospedale militare fu costruito tra il 1856 e il 1862 su progetto dell'ingegnere Luigi Buzzi. L'immobile fu edificato su un fondo, sulle pendici del colle di Scorcola, che il Comune aveva acquistato nel 1856 da Francesco Guetta, e che cedette gratuitamente al Sovrano Erario per la costruzione del nuovo ospedale.
L'edificio andava a sostituire il primo ospedale militare, costruito nel 1790, e annesso alla Caserma grande.
Il complesso, realizzato nello stile romantico del gotico quadrato, si compone di una palazzina destinata agli uffici amministrativi e di un retrostante edificio con pianta ad H con capacità di accogliere fino a 500 posti letto. L'edificio sorse espressamente quale ospedale militare, ma un'ala del complesso ospitò la Scuola dei Cadetti di Fanteria dal 1859 al 1872. L'ospedale, che durante il periodo dell'Adriatisches Küstenland venne utilizzato dalle forze armate tedesche, rimase in attività fino al 1988.

Il complesso dell'ospedale è costituito da due corpi di fabbrica, la palazzina dell'amministrazione e l'ospedale, collegati fra loro da un corridoio di passaggio. Le facciate della palazzina sono caratterizzate da incorniciature decorate che legano le finestre del primo piano a quelle del secondo, da medaglioni lobati e dal balcone traforato con un motivo a quadrifogli, a cui si accede da un'apertura a trifora gotica. Al centro si innalza una torretta terminante con una balaustra, ai lati l'edificio culmina con delle merlature gotiche. Il fabbricato dell'ospedale è costituito da una struttura con pianta ad H con i bracci obliqui che si sviluppano per un'altezza di quattro piani. Le facciate sono caratterizzate da una serie di lesene a riquadri sbalzati impostate sul marcapiano. Le lesene sono coronate da trabeazioni. Anche in questo edificio sono presenti medaglioni lobati e merlature gotiche. (da: biblioteche.comune.trieste.it/)

Il 10 novembre 1856 il Comune comperò un fondo in Contrada di Servola per la costruzione dell'Ospedale Militare, i lavori iniziarono in primavera del 1863 e venne inaugurato il 5 maggio 1866, vi furono trasferiti i malati che si trovavano in un'ala della Caserma Grande che dal 1789 venne adibita ad ospedale militare. L'edificio che si trovava nell'allora Strada Nuova per Opicina, poi via Fabio Severo, venne progettato dall'ing. Luigi Buzzi, aveva una capacità di 600 posti letto. Nelle sue corsie furono curati i soldati di 6 eserciti: nel 1926 divenne ospedale militare di corpo d'Armata, dal 1943 al 45 fu operativo tramite personale operativo misto italiano -tedesco, nel maggio del 1945 con personale jugoslavo, dal giugno 1945 all'ottobre 1954 con personale inglese. Dal 1954 al 1988 funse da semplice Ospedale Militare con competenze ridotte, alla nei primi anni '90 fu chiuso come ospedale e assegnato all'Università degli studi. (Fonte: Margherita Tauceri)


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